Per un turista che arriva alle Egadi la mattanza altro non
rappresenta che un fatto folcloristico. Se si sofferma poi a considerare il
"rituale" che precede e accompagna lo svolgersi di tale avvenimento, può anche
pensare che esso rappresenti soltanto il sopravvivere di primitive e rozze
esperienze marinare e sociali.
In realtà la mattanza è l'epilogo di un complesso di
operazioni messe in atto per pescare i tonni con un sistema di reti che nel
tempo è stato aggiornato sfruttando l'esperienza acquisita.
Il principio su cui si basa la pesca è però rimasto immutato
nel tempo. I tonni nella loro migrazione durante il periodo della riproduzione
vengono intercettati da un tipo di rete (costa) e guidati verso un
complesso di camere (isola) formate da reti più robuste. Nell'ultima di
queste camere (coppo) i tonni vengono portati in superficie e catturati.
Il termine "mattanza" deriva dal verbo spagnolo "matare"
che significa uccidere.
In effetti la cattura di centinaia di tonni nel volgere di
qualche ora non può che essere cruenta, giacché i grossi pesci, stretti nella
parte terminale dell'isola delle reti (camera della morte), nella
disperata quanto vana lotta per sfuggire e sopravvivere, finiscono per uccidersi
l'un l'altro con poderosi colpi di coda.
Il mare tutto intorno si tinge di rosso, l'eccitazione dei
pescatori raggiunge il parossismo e lo spettacolo risulta effettivamente
suggestivo, specie per chi lo vede per la prima volta.
Per la gente del luogo, abituata a vedere ricorrentemente
questa sagra marinara, tutta quella eccitazione che la tonnara porta con se nei
mesi di aprile e maggio rappresenta qualcosa che caratterizza e dà una
specificità al vivere le Egadi.
E, infatti, ogni anno dopo la prima mattanza il mare non
profuma più di fondali, ma di quell'odore acre che gli conferisce il sangue del
tonno, odore che si armonizza con tutti quelli che il risveglio della natura
comporta con l'avvento della primavera.
In tale atmosfera la mattanza non è più un semplice fatto di
uccisione e di morte, ma un evento che con la sua suggestione stigmatizza il
rinnovarsi della vita nell'alternanza delle stagioni. Questa sensazione la si
coglie nelle isole, dove la vita fluisce forse un po' monotona, ma certamente
non priva di quelle genuine emozioni che tradizionalmente la mattanza ci regala.
Ma la mattanza ha anche una valenza economica: è ricchezza
che viene dal mare, è ricchezza che viene da Dio. Di ciò sono consapevoli i
tonnaroti quando alla fine di una giornata di pesca, scoprendosi il capo,
ringraziano il Signore con la rituale invocazione:
"...e sempri sia ludato u nomi ri Gésu".
Febbraio, 1990
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