E’ una mattinata d’estate assolata e ci si ferma in barca in un tratto della costa Est di Favignana. Di fronte a noi una grande grotta scavata dall’uomo, antico sbocco sul mare per il trasporto dei tufi.

Ci tuffiamo dalla barca, risaliamo scalzi le rocce e tra sassi e tufi più o meno sconnessi raggiungiamo la grotta. Ci avventuriamo all’interno per un sentiero minuscolo, quasi invisibile, che debolmente illuminato si snoda con fatica tra pietre e sterpaglia.  Le pareti sono alte e odorano di muffa. Tutto intorno uno stato di abbandono segnato dal trascorrere inesorabile del tempo.

L’illuminazione sempre più scarsa ci fa quasi desistere finché non scorgiamo un chiarore sul fondo dell’antro. Raggiungiamo una parete piatta con una finestra di luce a tre metri dal terreno. Una piccola scala di ferro a pioli abbandonata e arrugginita è appoggiata alla parete e così riusciamo a salire fino al rettangolo di luce.

E usciamo.

 

 

Usciamo in un bagliore assordante.

Una violenta luce bianca ci stordisce. Siamo sul fondo di una enorme cava di tufo a cielo aperto.  Pareti di 30-40 metri dritte come autostrade si stagliano verso un cielo blu intenso.  Il sole è un disco accecante.

Il tufo impalpabile, bianchissimo, è come talco sui nostri piedi, morbido e finissimo.

Silenzio irreale, il tempo si ferma. Siamo piccolissimi un uno spazio immenso.  Il bianco è dappertutto: gli occhi stretti come fessure per la violenza della luce.

Siamo abbagliati. E consapevoli. Consapevoli che questo paesaggio rimarrà per sempre scolpito nei nostri ricordi.

 

Torneremo sui nostri passi e racconteremo entusiasti ai nostri compagni di barca questa splendida e indimenticabile esperienza.

 

Agosto 2011

Giovanni T. - Sabina B.