
Dopo ventiquattro anni di guerra, nata
dall'appoggio romano ai mercenari Mamertini che avevano occupato
Messana (Messina) e che erano stati attaccati dai Cartaginesi, l'impegno
bellico aveva reso
insopportabili le condizioni finanziarie delle due città-stato.
Roma aveva sostenuto troppe spese e per cinque anni, dalla sconfitta di Drepanum
(Trapani) e dal
successivo naufragio di Kamarina, si era limitata a gestire la difesa
marittima con qualche nave da guerra.
Cartagine si era dissanguata nella
gestione della flotta. I commerci languivano e non potevano generare le
ricchezze necessarie a pagare le sempre più necessarie truppe
mercenarie.
Roma decise di
tornare sul mare e cercare di chiudere la partita.
A capo della flotta, formata da quasi 250
navi, fu posto il console Gaio Lutazio Catulo che, all'inizio dell'estate del 242 a.C., prese il
mare in direzione della Sicilia procedendo con l'assedio di Lilibeo
(Marsala) e
Drepanum.
Alla notizia della spedizione romana,
Cartagine mandò rifornimenti per sostenere le truppe di Amilcare Barca
che si battevano alle falde del Monte San Giuliano (Erice), sede
dell’importante culto di Venere genitrice.
Al comando fu posto l'ammiraglio Annone
che portò la flotta, anch'essa composta da circa 250 quinqueremi, ad ancorarsi all'isola di Hierà (Marettimo) in
attesa di scaricare i rifornimenti alle forze terrestri.
Lutazio Catulo seppe dell'arrivo di Annone
e preparò la contromossa: imbarcò i migliori uomini a disposizione e
portò la flotta fino all'isola di Aegusa (Favignana).
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Nave punica |
Amilcare
Barca |
Il 10 marzo del 241 a.C. La flotta
romana si distese su una sola linea come per formare un muro contro le
navi cartaginesi che veleggiavano verso la costa del Monte San Giuliano.
Le navi cartaginesi erano cariche di
derrate e quindi lente nella manovra mentre quelle romane erano più
leggere e con truppe allenate al combattimento. Le imbarcazioni erano
dotate di potenti rostri.
I Romani usavano uno strumento di
abbordaggio (il corvo) che agganciava la nave nemica per far
diventare la battaglia navale uno scontro via terra.
L'impatto avvenne al largo della costa
nord-occidentale di Levanzo (Phorbantia).
Inferiori nella manovra e nel
combattimento ravvicinato, i Cartaginesi videro rapidamente affondare
50 navi e altre 70 furono catturate complete di equipaggio, contro 30
navi perse dai Romani e 50 danneggiate.
I Cartaginesi superstiti riuscirono a sganciarsi e tornare all'isola di Hierà.
Lutazio Catulo tornò a Lilibeo e rinnovò
l'assedio.
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Rostri di
guerra punica |
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I combattimenti continuarono con
Amilcare Barca che dapprima resistette ma in seguito, tagliato fuori
da ogni possibilità di rifornimento con la caduta di Lilibeo, mandò
ambasciatori a Catulo per trattare la cessazione delle ostilità.
Amilcare non fu mai sconfitto in Sicilia e
i Romani gli concessero, eccezionalmente, l'onore delle armi. Tuttavia
non accettò mai in cuor suo la pace con Roma, tanto che, nella ratifica
del trattato di pace, uscì dalla sala del Consiglio cartaginese.
Il console romano pose termine alla
contesa con un trattato che imponeva condizioni molto gravose ai
Cartaginesi. Diversi autori citano Hierà come il luogo dove venne
firmato il trattato di pace.
La vittoria di Roma nella battaglia delle
Aegates (Egadi) contro Cartagine pose fine alla prima guerra punica. La Sicilia
divenne la prima provincia senatoriale romana e Roma iniziò l'espansione fuori dalla
penisola italiana diventando la maggiore potenza del Mediterraneo
occidentale.
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